
Per gentile concessione dell’Archivio dell’Osservatore Romano e del suo direttore Andrea Monda, pubblichiamo la copia del quotidiano il giorno successivo alla morte del grande poeta.
Non c’è nessuna menzione, resta comunque un documento straordinario di quei giorni.

Accorrono il figlio, il nipote, i nipotini, la cugina Orsola Mazio, gli amici Spada e Biagini, il parroco di Santa Maria in via Lata.
Alcune polemiche “politiche” sorgeranno dopo la prima sepoltura in un muro di cinta del Cimitero Verano: l’epigrafe dettata dall’estimatore e amico di sempre, Francesco Spada contiene l’aggettivo romanus, che inizialmente ai censori suona troppo “affine” all’omonima Repubblica di anni prima.
L’epitaffio dettato da Francesco Spada, sormontato dal monogramma di Cristo ☧:

HIC SITUS EST
JOSEPHUS JOACHIM BELLI
ROMANUS
QUI RELIGIONE MORIBUS INGENIO
EXEMPLAR INTEGER ACER
CARMINIBUS OMNIGENIS
DELECTANDO PARITERQUE MONENDO
LATE ENITUIT
NATUS DIE VII SEPT. A MCCXCI
VITA DECESSIT XI DECEMB.
MCCCLXIII
(In questo luogo è – Giuseppe Gioachino Belli – romano – che per fede costumi ingegno – esemplare, integro, acuto – brillò dovunque – con i suoi versi di ogni genere – divertendo e ammonendo contemporaneamente – nato il 7.9.1791, morto l’11.12.1863.)
Parte di un articolo di Maurizio Perfetti

“La morte sta anniscosta in ne l’orloggi;
e ggnisuno pò ddí: ddomani ancora
sentirò bbatte er mezzoggiorno d’oggi.”
